Nell'antico regime la Platea non rappresentava altro che un semplice inventario di beni che un'istituzione si premurava di redigere. Questa operazione, di per sé ordinaria nell'attività di un ente civile o ecclesiastico che forse, assumeva grande rilevanza in occasione di conflitti legati alla proprietà, ai canoni censuari ed alle tassazioni, ai lasciti.
Anche la parrocchia utilizza questo strumento e, soprattutto in quella meridionale che difficilmente permette qualsiasi tipo di ingerenza esterna, anche da parte dell'autorità ecclesiastica, rispetto all'amministrazione dei propri beni, diviene strumento fondamentale per censirne e gestirne il patrimonio.
In questo volume è faticosamente trascritta da Don Antonio Chionna quella che il giovane arciprete Don Giacomo De Leonardis decide di redigere, per motivi non ancora ben chiari, nel 1685 rispetto ai beni posseduti dalla Chiesa Madre di San Vito dei Normanni.